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sabato 24 settembre 2011

AUDIOLIBRO 'SOLCHI'


Quarantotto poesie di Mara David lette da Elena Gianni e Luciano Bertoli su frammenti musicali di Domenico Novali- Scopo: raccolta fondi per il centro di Sclerosi Multipla di Brescia.

SOLCHI- poesie di Mara David
Poesia indubbiamente lirica, dove con ‘lirica’ si intende la più classica affermazione delle emozioni e dei sentimenti. Tuttavia considerare ‘Solchi’ di Mara David nella esclusiva dimensione lirica significherebbe offrirne una visione parziale. In realtà, le composizioni di questa raccolta, contenute nel CD, come quelle dei libri precedenti (Il negozio dei sogni taciuti- Ibiskos editrice- La sete del silezio. Ed Albora, L’Ocra e l’Indaco- ed. Starrylink) compongono un colorato mosaico che raccoglie in sé, una compiuta circolarità di intenti, i drammi e melodrammi del mondo circostante.
Il discorso poetico di Mara David, di conseguenza, si presenta unitario, coerente ai personali segni caratteristici e alle tematiche generali. Sussiste, in queste poesie di figurazioni emblematiche e di pensiero, uno scambio fra soggettività-oggettività che si fa intervento, descrizione e analisi emotiva, in un modello di poesia inteso come condivisione, quasi complicità, con il lettore.
Mara David guarda in faccia la vita e la sua poesia è sigla di un’attualità post-moderna che pone la poetessa in un “immaginario poetico” intessuto di tematiche e percezioni privilegiate, non costrette in regole paradigmatiche. La parola poetica, in ‘Solchi’, è chiara, slanciata in una forma e in un impegno che si intrecciano con l’adesione ai dubbi, crisi, inganni e speranze che caratterizzano la nostra epoca.
La raccolta di liriche in  ‘Solchi’ si conferma nel quadro di un odierno operare poetico quanto mai sfilacciato e disarmonico, come un esempio di compostezza e di euritmia, ottenuto per distillazione da un retroterra di esperienze collaudate dal vivo. Penso di poter segnalare i risultati più positivi di Mara David nella formazione di una propedeutica esistenziale, e di un repertorio variegato sui diversi pentagrammi dell’elegia, dell’opera drammatica, a volte persino della commedia brillante.
Si avvicendano nelle liriche contenute nel CD ‘Solchi’ le tematiche fondamentali del nostro vivere di ogni giorno: le parole dell’amore, le apparenze del sogno, le più dolci e le più amare illusioni, i ricordi dell’infanzia, le attese, le solitudini, il difficile accordo tra passato e presente, le mitologie e metamorfosi della società, fino all’ingrata riduzione a ‘marionette’.
Con questa raccolta in CD, Mara David, autrice di intense dimestichezze con la poesia, conosce l’arte di sfogliare e interpretare le pagine del tempo, nella predisposizione stilistica più vicina all’attualità, dove il sentiero del reale confluisce nel firmamento dell’immaginario.
                             

                                                                                                          Inìsero Cremaschi

venerdì 23 settembre 2011

Su una panchina vicino al Mella

 
 
 

 
VICINO AL FIUME MELLA anno 2017

Immagine che appare sull'audio-libro 'Solchi'

Audio-libro per raccolta fondi in favore dell'Associazione Sclerosi Multipla di Brescia

Lake District- e su una panchina vicino al Mella

Lake district. Alla ricerca delle sensazioni che hanno influenzato Wordsworth and Coleridge.
 ALLE SPALLE DEL FIUME MELLA anno 2017
 
 
IL MIO FIUME
Mi piace osservare il mio fiume
il verde dell'erba
che protegge le rive,
i suoi denti d'acqua
che mordono l'amaro del giorno
e la nera corteccia della notte.
Lui ha un percorso innocente,
si direbbe un bambino
che gioca a mosca cieca
ma ha il passo lento
dell'uomo già vecchio
che ascolta in silenzio,
soppesa parole
e non dorme di notte.
Si dice che macchie di formiche rosse
fanno tana nel suo cuore,
gli pungono la voce
che poi diventa roca
ma la sua dolcezza rimane:
spada sguainata
tra due rive
che conosco.
 

Quando ti osservo

QUANDO TI OSSERVO
(dedicata a mia madre)

Quando ti osservo
scopro la solitudine vasta del mare
per il tuo sguardo perso alla finestra
le parole accumulate in moti di onde sottili
e il tuo gesticolare di piccola sartia scossa dal vento.
Scorre amaro- tra noi- un sentore di fango
portato dal rumore della pioggia
e ogni volta ritorna, quando incrociamo gli occhi
per tacere, non dire o forse aggredire.
Scorre vile -tra noi- un fetore di alghe
per la rabbia repressa, i rancori sopiti.
Quando ti osservo
scopro la solitudine vasta dell’acqua
un fluire dirompente che nasconde i pensieri
sfioro allora la tua mano, ti bacio la fronte
ti lascio e ritorno
consapevole che anneghi e non posso farci nulla.

Bibliografia essenziale





Note Bibliografiche
Mara David- nata a Gardone V.T. Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Fa parte del gruppo letterario ‘Meteora’ di Palazzolo S/O (BS) con il quale ha pubblicato alcune poesie nelle raccolte: ‘I cinque elementi’, ‘Pater Noster anno 2001’, ‘Pater noster terzo millenio’, ‘Finestre’, ‘Manoscritto’.
Ha pubblicato la raccolta di poesie ‘Il negozio dei sogni taciuti’ Ibiskos editrice, presentato al salone del Libro di Torino nel 2002. ‘La sete del Silenzio’ edizioni Albora il cui ricavato è interamente destinato al centro Sclerosi Multipla di Brescia.
Con il pittore Luciano Pea ha divulgato il libro a tiratura limitata ‘Luoghi’ contenente sue composizioni poetiche. Collabora spesso con pittori (Vezzoli, Pasolini, Pea, Melis) unendo la scrittura all’immagine. Ha tradotto in lingua inglese le poesie scritte da Jo Dallera per Ghidoni Roberto, nel libro a lui dedicato: ‘Lupo che corre’- Idita road- Ha pubblicato con la casa editrice Starrylink la raccolta noir ‘Sangue di Giuda’ e il volume di poesie ‘L’ocra e L’indaco’ il cui ricavato è interamente devoluto allo S.V.I. 
(Si è classificata al primo posto al Concorso Nazionale di Poesia Lagosanto Ferrara 2001
Al secondo posto al Concorso Internazionale Montenetto  2002. Al primo Posto al Concorso Internazionale- Poesia in lingua inglese a Salò 2003. Premiata dalla giuria per la Silloge inedita ‘Sentieri di Silenzio’ 2004, e ‘Panni stesi al vento’ 2005 Concorso Riviere del Benaco. Premiata dalla Critica per la silloge inedita ‘Comignoli Rossi’- Salò 2006. Ha ottenuto un terzo posto per la silloge ‘poesie’  al Premio Europeo di Arti Letterarie via Francigena.
E’ stata inoltre premiata nella sezione narrativa (terzo premio concorso Giuseppe Molino- secondo premio  concorso Edizioni Clandestine). La raccolta ‘Il negozio dei sogni taciuti’ è stata premiata  al Concorso Antica Badia S. Savino. A questi si aggiungono segnalazioni di merito.)
Attualmente insegna lingua e letteratura inglese presso il liceo scientifico ‘Moretti’ (Istituto Beretta)
a Gardone V.T.
Ultime pubblicazioni: ‘Sangue di Giuda’ (racconti noir)  giugno 2006-  settembre 2006 ‘L’Ocra e L’Indaco’- raccolta di poesie. Quest’ultima ha ottenuto il premio internazionale di poesia ‘Portus Lunae 2007’ a La Spezia, e un altro primo premio nel 2009  nell’ambito del concorso internazionale ‘Arti Letterarie via Francigena.
Nel 2009 ha pubblicato l’audio libro di poesia e musica dal titolo ‘Solchi’ destinato alla raccolta fondi per la Sclerosi Multipla- per il centro di Brescia. Ha ottenuto un premio al concorso Casentino 2011 e il Premio della Critica – a Sarzana- La Spezia 2011-

Lettura a una mostra collettiva di quadri

Lettura di poesie durante una mostra collettiva. 
ALLA RICERCA DI ISPIRAZIONE TRA I LAGHI DI CARINZIA (AUSTRIA) anno 2017.
 

Mara David - natura e cultura in Carinzia (AUSTRIA) 2017

NATURA E CULTURA IN CARINZIA (AUSTRIA) anno 2017






Quando

L'Ocra e l'Indaco



'L'Ocra e l'Indaco'- dedicato ad Andrea Bianchi, prematuramente scomparso.
Il ricavato del libro è stato destinato allo S.V.I. per finanziare una scuola di giovani agricoltori in Brasile.
I genitori di Andrea hanno operato come missionari laici in Brasile dove Andrea è nato.

Sangue di Giuda

Sangue di Giuda, racconti noir di Mara David pubblicato da Starrylink editrice nel 2006
collana Flyline, narrativa. In copertina opera di Fantini William.
Le vicende bizzarre di gente apparentemente normale, le paure ancestrali e profonde, i misteri grotteschi e oscuri, i fantasmi del passato animano i racconti di Mara David, un noir in cui l'imprevisto e il grottesco si insinuano sovvertendo irrimediabilmente le regole della realtà, fino ad intaccarne la sostanza.

L'Ago nel Vetro

L'Ago nel Vetro, raccolta di poesie di Mara David, con quadri di Lamberto Melina. Il libro ha come progetto la raccolta di fondi per sostenere il centro di sclerosi multipla di Brescia, Via della Strada Antica Mantovana, 112

Casa Editrice:  Starrylink  (Collana FlyLine)
Anno: 2011
Prezzo: € 15,00



Introduzione
Nella raccolta ‘L’Ocra e l’Indaco’si è visto come la produzione poetica di Mara David
trovi nel pittore William Fantini importanti punti di contatto, riferimenti al vissuto ed emergenze
esistenziali accumunanti. In questo libro invece la poetessa ha deciso di proporre al pubblico un confronto con l’opera pittorica di Lamberto Melina, che sembra piuttosto ‘ lontano’ dal modo della David di intendere le cose e il mondo. I due autori, attraverso la loro opera, intendono sollecitare l’attenzione dei lettori su idee di senso e di linguaggio differenti, tradotti nella comune volontà di farli intendere artisticamente. La parola di Mara David indaga gli atti, i gesti, gli amori, si fa portatrice di una ricerca situazionale dove alla domanda dell’ “Altro” non c’è risposta certa, l’ineffabile rimane occluso in una indicibilità che rimanda ad un presente ben delimitato in cui fenomenicamente si possono avere dolori o gioire, angosce e momenti di felicità destinati comunque a non durare. Le forme di Lamberto Melina sono invece la traduzione nel simbolico di una possibile ontologia, di un senso quindi certo, di una stretta connessione tra microcosmo e macrocosmo. La polisemia del pittore dice qualcosa dell’ “Oltre” che eternizza l’umano e lo pone in una struttura metafisica.
Sta al fruitore porsi domande, operare confronti, eventualmente effettuare scelte. L’interesse di questo libro è di far vedere, come due autori contemporanei ormai noti, possano portare l’arte a strumento di autentica decidibilità di fronte alla massificazione e superficialità dei modi di pensare e sentire imposti dai moderni mezzi di comunicazione di massa.
Mario Gravano


Frantumare e ricostruire. Nota a “L’ago nel vetro”


   Si nota, nell’ultima raccolta di Mara David “L’ago nel vetro”, uno scatto ritmico e di senso che produce una finta armonia semantica: emerge così l’idea di un mondo in cui agiscono figure note, dati reali, ricordi, la vita nella sua percezione soggettiva in sostanza, che si caricano di energia nascosta, primordiale, appuntendo la rappresentazione poetica e risolvendola in un’inquietudine sottesa, di fondo. Rispetto alla precedente produzione la David matura la convinzione che il dato di fatto sia soltanto un nesso analogico e riveli così giusto una parte della situazione esistenziale, frantumandola quanto più possibile in oggetti-figure potenzialmente instabili.
   Il mio idioma /  ha forma allungata / di giraffa, / movenze gentili, / pasti di foglie tra le labbra - sulla lingua. / Fragile / per il crollo di case intorno / per gli tsunami, i terremoti / e le bocche malefiche / che tagliano la pelle, / sanguina con garbo, / non ha il coraggio delle urla. (da “Il mio idioma”): l’Autrice afferma, e lo fa con piena consapevolezza, che il linguaggio, certamente garbato nella sua matrice fonica, ha il dovere etico di sanguinare in una sorta di limbo silenzioso, strozzato alla radice. Viene quanto meno da pensare a Silvia Plath, a un certo maledettismo di una poesia intesa come antidoto mancato all’autodistruzione, o rivolta all’assuefazione delle “cose gentili” che circondano i confini del percepibile ma restituiscono un percepito tagliente e poco fruibile. Questa scelta, che è comune sentire, accomuna la David a un percorso consolidato della poesia italiana che ha precisi riferimenti in Antonella Anedda e, con diverse sfumature, in Iole Toini, conterranea della David o, tra le nuove voci, Nadia Augustoni.  
    L’intero lavoro, corposo per estensione, e questa è un’ulteriore novità nel percorso di Mara, rappresenta dunque il tentativo di confondere la concretezza degli affetti, la familiarità delle situazioni, la normalità dei ritmi stagionali, degli incontri, e il loro lato oscuro, illeggibile se non all’apparenza, quindi minaccioso. Tale sintesi, però, è sempre messa in discussione e, velatamente, negata.
    Cerco il vero nella luce / la parola precisa / che taglia e rivela (da “L’ago nel vetro”): metapoeticamente l’atteggiamento, quasi una tentazione verrebbe da dire, sembra essere quello di tentare per approssimazione la decifrazione del mondo, forti della certezza che la parola precisa non esiste: la lingua, il suo tessuto osseo, però, diventa, di necessità, finzione, a tal punto che la scrittura evoca una sorta di sconfitta esistenziale comune, un valico insormontabile dove cercare forme espressive più adatte.
   Del resto, gli stessi testi, anche nella loro progettazione a ombrello, con versi spesso ritmicamente appuntiti, altrove ipermetri, tessono una ragnatela di base, che è struttura eccellente per l’idea di uno scacco finale, di un’impossibilità a rivelare: l’esperienza del volo / è solo / un’altra illusione ( da Il precipizio) afferma senza finto stupore la David.
  Cosa, allora, può restituire sicurezza alla dimensione fisica del reale, ovvero ai nostri giorni? Forse un tentativo di appropriarsi degli oggetti, fare di loro un’ancora, un primo livello di fruibilità di ciò che ci circonda? La David si muove con circospezione, verrebbe da dire sospetto (… e siamo andati al mercato /  per vedere la vita. /  In gabbie di polli e conigli /  stava l’incertezza /  e s’agitava arruffandosi /  tra penne e morbide pellicce, /  nel fritto di pesce /  si annidava la filosofia / una strana bollitura dello stesso olio (…)/  da “Il mercato”), quasi ammiccando che non c’è strada da percorrere e tutto si risolve in un’illusione mancata, per prospettive monche, prive di qualcosa: l’impressione decisa è quella di una nausea esistenziale che avvolge in una patina opaca quanto ci circonda, quasi non avesse scampo il soggetto agente e si trasformasse in atto passivo, deluso o disilluso.
   Eppure, forse questa è la novità qualificante del libro, alcune forme stabili persistono nella loro personale purezza, quasi in veste archetipica, e più volte ritornano nella sfera poetica della David: riferimenti stagionali che slittano malinconicamente, figure parentali, quali il padre ( Vorrei pensarlo con un nome raro /  di alga, di fiore o di piccolo legno /… da “Il padre”), o la nonna ( era



vasta e misteriosa quella storia liquida /  tenuta stretta tra il verde prato / e una linea ossuta di case vecchie all’orizzonte/ … da “Al fiume con la nonna”), il persistere incessante della metafora dell’acqua  (Se devi parlare /  fallo a piccole gocce / come quando ti fai cascata piangente / dall’esile ponte (…) da “Discorsi col fiume” .È pura consuetudine questo ascolto parziale  /  questo rintocco d’acqua  /  che inquieta il davanzale (…) da “Sentiamo ancora la pioggia”) più volte presente come elemento di purificazione battesimale, riparatore, o ancora l’apparente fisicità di oggetti d’uso-simbolo, quali le scarpe (Scarpe con tacchi sottili e snelli / che se ne vanno via veloci / in ticchettii acuti / a frastornare il grigio asfalto / che non può mai dormire.(…) da “Scarpe”), le tazzine da caffè (l’amore è solo  / una carezza andata, / una manciata di zucchero / sparpagliata per terra, / un discorso friabile / sgranocchiato a metà / e danza col cucchiaino / -ubriaco di tristezza- / dentro una tazza di caffè (…) da “Dentro una tazza di caffè”) che si ribellano, involontariamente, allo slittamento della realtà in un cono d’ombra.
  Dunque un percorso poetico che è presa d’atto comune di quanto tutto avvenga nonostante noi e, contemporaneamente, una ricerca matura di come esprimere pienamente questa impotenza. Senza certezze, confini, ma con il desiderio di non arrendersi mai, di insistere, fino a far emergere la possibilità di una prospettiva, di una luce lontana, pur nell’impossibilità del linguaggio di dire l’ineffabile, di trasformare in poesia il vuoto. (Oggi /  sono pozzo di fango, / le mani nere stringono / scritture senza senso. Da “Oggi”).
    È questa la linea di sviluppo che, a mio modesto avviso, dovrà cercare d’ora in poi la David: convivere con questo scacco e trovare, di conseguenza, nuove forme espressive più urlate e graffianti, per travolgere, addentare, una realtà che fugge. E provare a domarla.


Ivan Fedeli



Prefazione a L'ago nel vetro

L'arte poetica, l'amore e l'amicizia, gli affetti familiari, il dolore, situazioni umoristiche ma talora tetre, la ricerca del senso sono i temi principali della recente raccolta L'ago nel vetro della poetessa bresciana Mara David.
La riflessione su cosa sia poesia è presente fin dal componimento, eponimo, che apre la raccolta: "Sono ago nel vetro/ trasparente e innocuo/ cerco il vero nella luce/ la parola precisa/ che taglia e rivela […]" che significativamente si conclude con un riferimento al dolore e alla volontà di trovare se stessi e il senso dell'esistere ("Decostruisco il dolore/ per trovare il mio volto"). La lirica Il mio idioma, nel contesto della descrizione della poesia, insiste sulla grazia a livello formale, insidiata e resa fragile dal dolore evocato con i correlativi oggettivi del "crollo di case intorno" degli "tsunami" e dei "terremoti". La mia lira nuda costituisce una dichiarazione d'innocenza a livello scrittorio: orgogliosa consapevolezza di aver trovato una parola "sottile e arguta" atta a svelare "la magia che è puro stupore". Ma, ammonisce la poetessa, la poesia è un dono al quale far ricorso con parsimonia e non artificiosamente (in Discorsi col fiume: "Se devi parlare/ fallo a piccole gocce/ […] Racconta il tuo accordo con le cicale"), le parole vanno "rintracciate" (Rintracciare le parole) senza privarle della loro semplicità (Userò parole semplici) così funzionale alla ricerca del senso profondo ("Userò parole semplici/ per aprire le porte") e non è escluso il rischio del silenzio, né ignota la paura della pagina bianca (Non trovo parole: "La pagina è vuota/ triste, tesa, ansiosa").
L'amore ha molti volti, in genere, e ne L'ago del vetro a volte è sentimento corrisposto e intensamente vissuto (Corpo di uomo, Sentiamo ancora la pioggia!, che ricorda "La splendida, la delirante pioggia" di Vittorio Sereni), altre porta le stimmate di un doloroso, bruciante distacco. Pertanto il lettore si trova di fronte all'"amore rosa dalle molteplici gemme" (Tra poco) o alle scarpe "che sono logore e bucate/ che non hanno più forma/ che fanno male al cuore" (Vai a prendere le scarpe), che sono originale immagine della vita, come nella lirica Scarpe… e di un suo aspetto fondamentale (perché cucite per l'amato).
Innegabilmente il dolore e gli affetti familiari si intrecciano nelle poesie di Mara David: Quando ti osservo (con la postilla "dedicata a mia madre", che non lascia spazio ad equivoci) è la seconda poesia de L'ago nel vetro e costituisce un'amara dichiarazione d'impotenza nei confronti della malattia della persona cara: "Ti lascio e ritorno/ consapevole che anneghi e non posso farci nulla" È da notare questa insopprimibile tensione ad allontanarsi "Ti lascio": viene in mente l'autrice che va al lavoro, ma c'è il sospetto di una "separazione" più interiore che fisica. Dello stesso tenore sono Alzheimer, nella quale il riferimento mitologico al cane Argo che cerca il suo Odisseo si fa realmente struggente, perché il malato è sì un viator, ma talvolta non ritorna in patria (cioè alla salute) trionfante e dominatore degli eventi come il politropo eroe. Alzheimer riprende in maniera sottile Quando ti osservo: lì vi era la consapevolezza, qui la consapevolezza è nascosta ("Forse nel mio sguardo preoccupato/ o nella mia fretta/ quando salutandola/ nascondevo gli occhi/ e fuggivo via"). La poetessa quindi si chiede quasi smarrita Dove va il dolore?, confida di nascondere orgogliosamente i sentimenti più profondi perché rischiano di essere ridotti "a merci da nulla" come "nel lercio mercato/ dove ho perso l'amore".
Molte poesie de L'ago nel vetro, che sempre più si inoltra sui sentieri della memoria, del recupero di una innocenza e sanità originarie ormai smarrite, sono dedicate alla nonna, come Vecchiaia insonne, che evoca una figura piena di fede e di speranza, anche se non del tutto a riparo dalla malattia, come Baci di nonna (quale contrasto con il fango e l'affogare di Quando ti osservo!) o come Giochi al fiume con la nonna (nella quale non manca il riferimento al Mella – il fiume che si è allegoricamente intorbidato in Quando ti osservo?). In Vorrei dire…è presente un dolente riferimento al padre (non a caso la poesia precede Dove va il dolore?, che ricapitola e chiosa i sentimenti generati dai ricordi o dalle riflessioni suscitate dalle persone care).
A smorzare la tensione generata da una lucida, spietata introspezione giungono momenti quasi umoristici come Messaggi al cellulare in cui l'ordinaria banalità di un gesto è nobilitata dall'adynaton ("Smetterò di messaggiare/ quando le farfalle avranno perso le ali") e resa tetra dalla surrealistica personificazione, quasi da disegno animato ("Lo sai … il tuo cellulare potrebbe urlare/ distruggere i suoi tasti/ morderti le dita/ se tu decidessi di fermare le parole").
La poesia, l'amore vissuto o perduto, la sofferenza propria o delle persone care (o propria per le persone care, forse la più lacerante) devono avere un senso. Che prospettiva? si chiede Mara ("Che prospettiva c'era nel vento/ nei baci scanditi sotto tetti inquieti?"), in un componimento che conclude il dittico aperto da Chissà: "Non so se il nostro cielo è permanente, / se nel silenzio in corsa il passo è greve/ oppure come specchio ci rivela/ un'anima leggera e senza rotta". Probabilmente la prospettiva più allettante è quella di Non chiedere, lirica montaliana ed oraziana: "Non chiedere quale abito indosserà la morte […] versa il vino [come nelle Odi I, 9 e I, 11 (vina liques, filtra i vini) di Orazio]  e mangia l'arrosto [come quello della nonna di Baci di nonna?] […] ama con l'intensità di un Dio".
                                                                                                                           Vincenzo Gatti